2022,
è brunch mania!

Dall'Inghilterra di fine '800 ai desideri della Generazione Z 👦

Ne è passato di tempo dalla fine dell’ottocento, quando la domenica, a  fine battuta di caccia ci si concedeva un buffet che portava con sé qualcosa di ancora dolce della colazione, anticipando il pranzo con qualcosa di salato.

Nasce così il brunch, un termine che in italiano suonerebbe malissimo, tipo “colanzo” o “colapranzo”, un’abitudine da ricchi borghesi che contagiò l’America e che oggi rappresenta un food trend anche nel nostro Paese grazie alla Generazione Z, quella fetta di giovani nati tra la fine degli anni ’90 e il 2010, attenti consumatori e promotori delle nuove mode a tavola!

Il week end è ormai brunch mania in tutta Italia; nuovi locali si caratterizzano, mentre i ristoranti anticipano l’apertura e implementano anche questa tipologia di offerta.

Alla base ci deve essere qualità e uno smisurato gusto estetico, perché il brunch si mangia anche e soprattutto con gli occhi, complice ancora la forte tendenza del cibo ad essere condiviso sui social!

Se le basi su cui costruire una proposta sono semplici, più difficile, invece, è specializzarsi, inserendo proposte che possano spingere il consumatore a scegliere un locale rispetto ad un altro.

Negli ultimi anni abbiamo assistito alla crescente richiesta di:

  • pancakes
  • waffle
  • crêpes
  • avocado toast

e l’affiancamento a  caffè e cappuccino di:

  • estratti frutta e verdura
  • centrifughe
  • matcha latte
  • smoothies
  • bevande fermentate (kefir e simili)

Naturale chiedersi, dove si spingerà il brunch con le sue proposte?
Quali confini del dolce e salato riuscirà a toccare?

Per dare qualche suggerimento, dobbiamo fare un piccolo passo indietro e specificare che il segreto di un buon brunch sta principalmente nelle porzioni.

Essendo un gesto estremamente conviviale e strutturato su portate dolci e salato, bevande calde e fredde, il brunch deve avere porzioni equilibrate, che permettano ai commensali di mangiare un po’ di tutto e in un arco di tempo che può andare dalle 11:30 alle 14:30.

In queste tre ore è davvero facile fidelizzare un cliente se porzioni, proposte e ambiente sono in grado di rendere rilassante l’esperienza a tavola.

Il brunch parla di te

Il fatto che il brunch sia un food trend e che un locale voglia cavalcare questa crescente richiesta, non deve mettere il ristoratore nella condizione di pensare che basti un uovo in padella a chiamare la Generazione Z a rapporto.

Ci vuole, come sempre, carattere e unicità.

Il brunch vegetariano è richiesto da tutta quella fascia  di consumatori che desidera un menù dove non serve specificare l’assenza di carne e pesce; un locale che rispetti le loro scelte e che non sia da meno nelle proposte. La curiosità e la fantasia della cucina deve essere all’altezza di questa fetta di mercato!

Il brunch #zerowaste è tra le nuove idee che si fanno strada in quelle realtà virtuose che sfruttano gli scarti alimentari per generare nuovi piatti e costruiscono proposte in cui una materia prima viene utilizzata al 100%.
Ad esempio: gli  scarti dell’estrattore generano tortini, piccoli cupcake, plumcake ♻ o torte e pan cake salati e ancora,  diventano farcia per polpette e hamburger!

A Milano ha da poco aperto Bacaco Market, un fornitore di “frutta e verdura dalle forme originali”, un modo molto azzeccato per dire che le materie prime sono di seconda scelta, scartate dalla GDO a causa della scarsa bellezza, ma di fatto alimenti di qualità! Ecco, un ristorante che impronta il brunch su queste materie prime, può fare la differenza. I consumatori si sentiranno parte del cambiamento attraverso il momento del convivio.

Il brunch vegano ancor più radicale rispetto a quello vegetariano, copre una fascia di mercato in crescita… una fascia che proprio per la scarsità di proposte culinarie ha imparato a cucinare da sola, impreziosendo i pasti di ricette originali e lavorazioni incredibili. Questo cliente è competente e si aspetta una bruncheria all’altezza.

Il brunch a filiera super corta è una proposta dei locali che possono contare su un territorio con una buona produzione casearia, allevamenti non intensivi e abbondanza di frutta e verdura. Si rifornisce da piccoli contadini, rispetta rigorosamente la stagionalità, cerca la piccola torrefazione di caffè più vicina e gli infusi sono fatti con i fiori locali. È un’attività che racconta la storia di un territorio e si discosta dal brunch classico perché ne esclude alcune pietanze tanto in voga come l’avocado. In compenso il brunch diventa un momento culturale che la Generazione Z condivide sui social, aiutando una terra a farsi conoscere!

Belluno come risponde?

Risponde… piano piano 😉

In provincia non siamo ancora sul pezzo, di fatto non esiste una vera e propria bruncheria, così come i ristoranti non stanno ancora dando segnali di orari dilatati e implementazione del brunch nel menù.

Da segnalare in città è sicuramente Bistrò Bembo, che da sempre si caratterizza per la presenza di cicheti di qualità, menù di cucina e una selezione ristretta e molto curata di hamburger. A questi si affiancano le colazioni del mattino che a volte, nel week end, trovi ancora a tarda mattinata così da giocare tra dolce e salato. Loro, più di altri, potrebbero essere un primo passo verso il brunch.

I primi timidi esperimenti di poke (altro food trend) stanno andando bene, peccato non esista ancora una bruncheria considerando che molti impiegati dell’industria bellunese viaggiano per lavoro e hanno già dimestichezza con questo approccio al cibo.

Molti giovani di ritorno dall’università hanno vissuto per anni in città già preparate al brunch, così come la Generazione Z, che sui social è già predisposta a questa tendenza, ne richiede a gran voce la presenza sulle Dolomiti.

Tutto sta nel cominciare, ma soprattutto nel crederci fin da subito a costo di vivere un primo anno impegnativo sotto il profilo della fidelizzazione.

Dal punto di vista della progettazione di un nuovo locale, la bruncheria è un posto confortevole, un salotto, un rifugio. È accogliente, informale e rispetta i lunghi tempi di permanenza al tavolo della clientela.

E’ stimolante perché nella spensieratezza di un pasto lungo tre ore, il consumatore deve avere comunque degli stimoli, qualcosa che gli permetta di trovare tempo per sé stesso oltre al nutrimento. Libri in condivisione, un piccolo shop, una mostra collettiva oppure una retrospettiva/installazione, rendono il locale, un posto dove sentirsi bene, innescando la voglia di tornare.

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