Ristorazione e comunicazione:
fondamentale raccontare l’impegno!

La rinascita, la crisi del personale.

È una ristorazione in continua crescita quella che viene fotografata dalle associazioni di categoria e dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi che nella recente assemblea annuale riporta dati che confermano il ritorno a tutte quelle abitudini che la pandemia ci ha imposto di modificare. 

Gli italiani consumano nuovamente pasti fuori casa e lo fanno per svago, ma anche e soprattutto per necessità lavorative, portando ristoranti, pizzerie, bistrò e bar a lavorare nuovamente a regime, con flussi importanti, positivi e costanti.

Resta però grave la situazione sul fronte della ricerca del personale; oltre il 60% dei ristoratori, riporta la FIPE, lamenta difficoltà a reperire risorse e in questo settore sono i camerieri di sala le figure professionali dove si registra maggiore carenza.

Questi sono le prime, e in molti casi le uniche persone con cui interagiscono i consumatori; sono il biglietto da visita del locale e contribuiscono in maniera radicale all’esito positivo dell’esperienza enogastronomica. Eppure ne siamo sprovvisti… o meglio, mancano persone già qualificate per questa mansione, un lavoro tutto da insegnare, fatto di grande attenzione, cordialità, disponibilità e ampia conoscenza di cibo e bevande.

Ma quali potrebbero essere i veri motivi della carenza del personale, al di là della gestione politica del lavoro in Italia?

La pandemia ha costretto molte persone a cambiare lavoro, vita e abitudini; l’emergenza sanitaria ha permesso a molte persone impiegate nella ristorazione di riflettere su sacrifici e impegni che richiede il settore. Ritornare a questi ritmi di vita, per molti non è più stato un desiderio.

Il retaggio della nomea della scuola professionale inizia a vedersi chiaro: fino a qualche anno fa scegliere la scuola alberghiera si diceva fosse per chi non aveva voglia di studiare, chiudendo gli occhi sulla cultura alimentare e l’esistenza di chef che dimostrano come ci si possa costruire una carriera dietro ai fornelli.

Il risultato è che “fare il cameriere” è un diversivo per raccattare qualche soldo, farsi la stagione, passare quei due mesi scoperti prima del vero impiego… il cameriere lo possono fare tutti, è solo per poco.

Ed è proprio con questa cultura che i locali si sono riempiti di personale temporaneo, oggi completamente assente!

La retribuzione è un altro fattore determinante: gli orari che abbassano notevolmente le ore libere da dedicare a sé stessi e la fatica che cucina e sala richiedono, non sono compensati a misura. Cioè, se da un lato mangiare al ristorante costa, ma anche banalmente mangiare un panino al bar oggi costa, la filiera che porta a tavola quel piatto o quel panino presenta una falla nel sistema di retribuzione che ricade non sul produttore di materie prime, ma su colui che le trasforma e presenta, quindi cuoco e cameriere.

Il lavoro da fare, quindi, è cambiare la visione comune di questi lavori e aumentare i salari.

In questa fotografia che ritrae ristoranti pieni e personale che scarseggia,  quali sono altri nodi?

Ebbene, nell’era social è proprio la comunicazione a fallire. Account perfetti, curati nei minimi dettagli tra  emoji, link, tag, stories, reel, tutorial…  eppure manca lo storytelling che potrebbe sovvertire la crisi del personale e fidelizzare ancor più i consumatori.

Quello che oggi manca è raccontare proprio il sacrificio di lavorare nella ristorazione; manca trasmettere il concetto opposto degli ultimi fortunati format televisivi dove tutto sembra davvero figo, pure lo chef che ti urla in faccia. La cucina non è solo bellezza, ma è anche e soprattutto sacrificio.

Rendere sacro il convivio raccontandolo ai consumatori, potrebbe essere la chiave anche per riportare il lavoro del cameriere al suo stato originale: un impiego bellissimo che richiede preparazione, studio, massima dedizione. E a catena il cameriere tornerebbe ad essere una figura da retribuire con maggiore onestà perché arrivato dopo un percorso scolastico, non come diversivo per raccattare due soldi.

In questo senso la comunicazione della ristorazione è ancor più responsabile nel cancellare il retaggio legato a questa mansione; comunicare il vero e per una volta fare in modo che il consumatore non mangi prima col telefono, ma legga la storia di un piatto col cervello connesso.

In chiusura diamo due dati super positivi: sono le donne a guidare il business del convivio!

All’imprenditoria femminile si aggiungono anche i giovani, gli under 35 si dimostrano interessati, rivestendo molto spesso ruoli chiave nella gestione e nel successo di un locale! 

E allora diamo fiducia alle nuove generazioni per riportare la ristorazione al suo valore, dove le persone contano. Dove non è tutto oro ciò che luccica, ma è tutto oro ciò che ogni giorno l’uomo guadagna con il suo impegno.

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